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Attività fisica e salute: evidenze scientifiche e ruolo del Farmacista

Attività fisica, sedentarietà e qualità di vita

È ormai risaputo che l’attività fisica costituisca un fattore benefico per la salute. Nonostante questo, è sempre più evidente come la sedentarietà stia diventando un problema di salute pubblica.

L’esercizio fisico si dimostra protettivo nei confronti di numerose patologie, favorendo la longevità, ma anche una maggior qualità della vita.

Sono moltissimi gli studi che hanno dimostrato, nel tempo, come le persone moderatamente attive, abbiano il doppio delle probabilità di evitare una morte prematura e di contrarre malattie gravi.

L’attività fisica, infatti, riduce la pressione arteriosa, controlla il livello di glicemia, modula positivamente il colesterolo nel sangue, aiuta a prevenire le malattie metaboliche, cardiovascolari, neoplastiche, le artrosi e riduce il tessuto adiposo in eccesso.

Inoltre, riduce i sintomi di ansia, stress, depressione e solitudine e comporta benefici evidenti per l’apparato muscolare e scheletrico.

Alla luce di ciò, pare evidente la necessità di uno sviluppo di strategie che portino a un aumento della diffusione dell’attività fisica.

Questo è un obiettivo di sanità pubblica che può essere raggiunto solo attraverso politiche sanitarie mirate, condivisione di obiettivi e individuazione delle responsabilità.

Cos’è l’attività fisica?

Per attività fisica, attività motoria o esercizio fisico si intende:

Qualsiasi movimento corporeo volontario, prodotto dai muscoli striati scheletrici, che richiede un dispendio energetico diverso dall’attività lavorativa o puramente ricreativa.

Di conseguenza l’esercizio fisico non deve essere necessariamente intenso. Per essere fisicamente attivi sono sufficienti semplici movimenti che fanno parte della vita quotidiana. Tuttavia, alla semplice dicitura attività fisica, per correttezza nozionistica, dovrebbe comunque seguire l’aggettivo qualificativo auspicabile, in quanto dovrebbe essere considerato un “extra-” rispetto al livello motorio basale.

Per essere definito auspicabile, l’esercizio fisico dovrebbe avere un impegno energetico più o meno determinato. A livello empirico questo corrisponderebbe a un volume di allenamento settimanale compreso tra le 3 e le 5 ore, indifferentemente dal numero di sessioni e a un’intensità ovviamente relativa.

Oltre questa soglia di carico allenante, l’attività fisica auspicabile acquisisce un impegno metabolico tipicamente sportivo, che dovrebbe essere calcolato con maggior accuratezza.

Benefici dell’attività fisica

La mancanza di attività fisica è associata a una serie di risvolti negativi per la salute. Un livello auspicabile di esercizio motorio può invece migliorare la salute fisica e mentale.

Contrastando l’obesità, l’esercizio fisico combatta indirettamente molte altre condizioni, tipicamente croniche e frequenti nella popolazione odierna.

In tali circostanze sembra evidenziarsi una correlazione lineare tra attività motoria e stato di salute.

Un ulteriore aumento dell’attività fisica sportiva, associato a un miglioramento della funzionalità generale, può garantire superiori benefici psico-fisici generali.

La terapia motoria sta progressivamente assumendo un ruolo fondamentale nel trattamento di varie condizioni psichiatriche e disagi psicologici, e nella prevenzione di condizioni neurologiche come il decadimento cognitivo che si verifica con l’invecchiamento e alcune forme di demenza.

Quali sono gli aspetti negativi della sedentarietà?

Questa è una domanda che in pochi si pongono. Solitamente, infatti, ci si concentra maggiormente sull’effetto benefico del movimento. Si tratta di una omissione subconscia, poiché la risposta è molto scomoda: la sedentarietà fa molto male alla salute.

Ammettere senza margine di equivoco che la propria inattività possa nuocere, non è sempre facile. Risulta molto più confortevole convincersi che: “sì, allenarsi fa bene, ma non facendolo rimango semplicemente a un livello normale”.

Purtroppo, le evidenze scientifiche ci dicono che la verità è ben diversa.

La sedentarietà non è né naturale, né normale per l’essere umano.

È responsabile di una vera e propria riduzione dello stato di salute, in quanto costituisce un fattore di rischio modificabile per tutte le condizioni disagevoli di cui si è fatto cenno sopra.

La sedentarietà nel mondo

La prevalenza di inattività fisica è percentualmente importantissima, in alcuni stati addirittura superiore, rispetto a quella di tutti gli altri fattori di rischio modificabili (legati allo stile di vita, come la dieta), con conseguenze del tutto nefaste.

Un recentissimo studio americano ha esaminato la relazione tra mortalità per tutte le cause e modelli comportamentali tra gli adulti negli Stati Uniti.

I dati di 17.730 civili statunitensi con almeno 20 anni di età sono stati estratti dal National Health and Nutrition Examination Survey 2007-2014. Dallo studio è emerso come il tasso di mortalità per tutte le cause era del 4% ed il tasso di mortalità legata al cuore e al cancro era dell’1%.

I partecipanti con alti equivalenti metabolici e con un basso tempo di sedentarietà avevano un rischio inferiore di tutte le cause rispetto a quelli del basso valore metabolico equivalente e del gruppo di tempo sedentario elevato.

Un’attività fisica sufficiente e un comportamento meno sedentario riducono la mortalità per tutte le cause e le cause specifiche in particolare la mortalità cardiovascolare tra gli anziani.

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Un’#AttivitàFisica sufficiente e un comportamento meno sedentario riducono la mortalità per tutte le cause e le cause specifiche in particolare la mortalità cardiovascolare tra gli anziani | #ECM #Farmacisti Condividi il Tweet

Attività fisica e aspetti epidemiologici

Secondo quanto riportato dall’OMS, in tutto il mondo 1 adulto su 4 non raggiunge i livelli di attività fisica raccomandati per la salute. Fino a 5 milioni di morti all’anno potrebbero essere evitate se la popolazione svolgesse più attività fisica.

Le persone che non sono sufficientemente attive hanno, infatti, un rischio di morte aumentato del 20%-30% rispetto alle persone sufficientemente attive.

Mentre aumenta lo sviluppo economico nei diversi Paesi, i comportamenti sedentari e i livelli di inattività crescono. I modelli di trasporto sono cambiati, c’è un maggior uso della tecnologia per il lavoro e il tempo libero.

Dal 2018 l’OMS ha lanciato un nuovo Piano globale di promozione dell’attività fisica (Global Action Plan On Physical Activity 2018-2030. More active people for a healthier world), che pone come traguardo la riduzione del 15% dell’inattività fisica della popolazione adulta e degli adolescenti entro il 2030.

Nei Paesi europei dell’OMS l’inattività fisica è uno dei maggiori fattori di rischio per la salute e si stima che sia responsabile di un milione di decessi annui (circa il 10% dei decessi totali) e di circa 8,3 milioni di anni di vita persi a causa di disabilità (Disability-adjusted life years, DALYs).

Oltre la metà della popolazione non raggiunge i livelli consigliati di attività fisica. Due terzi della popolazione con più di 15 anni non fa esercizio fisico a sufficienza, né pratica uno sport.

Tra i più giovani, solo il 34% dei ragazzi tra i 10 e 15 anni raggiunge livelli di attività fisica in linea con le linee guida internazionali, e complessivamente i ragazzi risultano più attivi delle ragazze.

Sedentarietà in Italia

In Italia, secondo quanto riportato dall’ISTAT nell’Annuario Statistico Italiano 2020, il 35,0% della popolazione con più di 3 anni di età pratica almeno uno sport nel tempo libero, il 26,6% in maniera continuativa e l’8,4% saltuariamente.

Le persone che, pur non praticando un’attività sportiva, dichiarano di svolgere qualche attività fisica (come fare passeggiate, nuotare, andare in bicicletta) sono il 29,4% (in leggero aumento rispetto alla rilevazione riferita all’anno precedente). I sedentari sono il 35,6%, quota che sale al 39,5% fra le donne e si attesta al 31,5% fra gli uomini.

Attività fisica ed evidenze cliniche

Negli ultimi anni abbiamo assistito a un notevole sviluppo delle scienze applicate all’invecchiamento umano. Grazie ai progressi registrati in campo medico, economico e sociale, la terza età è ormai per molti diventata una fase di continuata produttività, indipendenza e buona salute.

Le principali cause di morte (patologie cardiovascolari e polmonari, tumori e diabete) sono il risultato di un processo che in molti casi inizia già nell’infanzia. Grazie alle conoscenze attuali è possibile prevenire l’insorgenza di queste malattie.

Questo attraverso cambiamenti comportamentali orientati verso un regolare esercizio fisico, una razionale gestione dello stress e uno stile di vita sobrio ed equilibrato.

Un ruolo fondamentale sull’aspettativa di vita è giocato da tutti quei comportamenti individuali modificabili che possono influenzare tutta quella serie di fattori di rischio su cui l’essere umano ha controllo: astensione del fumo, utilizzo responsabile di alcol, gestione bilanciata della dieta e ovviamente un continuo e costante esercizio fisico.

Dai primi studi di Morris e colleghi negli anni 1950, passando per le ricerche di Paffenbarger e colleghi negli anni ‘70 fino ad oggi, sono numerosi gli studi che coinvolgono principalmente gli uomini ma più recentemente anche donne, che hanno valutato il rischio relativo di morte per qualsiasi causa e per malattie specifiche (per esempio, malattie cardiovascolari) in funzione dell’inattività fisica.

I miglioramenti nello stato di salute

Un aumento della forma fisica è stato rilevato essere associato a una riduzione del rischio di morte prematura. Una diminuzione della forma fisica invece porta a un incremento dello stesso. L’effetto sembra essere graduale. Anche piccoli miglioramenti della forma fisica risultano essere associati a una riduzione significativa del rischio di mortalità. Modesti miglioramenti della forma fisica in persone precedentemente sedentarie sono stati associati a grandi miglioramenti dello stato di salute.

Questi studi hanno trovato continua e forte conferma nella letteratura scientifica in costante aggiornamento.

Ormai non si può dubitare dell’esistenza concreta dei benefici che l’attività fisica regolare comporti sulla salute.

Nonostante questo, la prevalenza di soggetti sedentaria è ancora altissima. Le istituzioni nazionali e sanitarie dovrebbero proporre soluzioni più dirette e concrete così come nel piccolo dovrebbero fare i professionisti nel mondo sanitario.

Il ruolo del Farmacista

L’attività fisica quotidiana, controllata e adeguata alle proprie capacità, è uno dei migliori farmaci che ci si possa auto-somministrare. L’esercizio fisico ha un ruolo importante nel garantire una buona salute. Dovrebbe essere parte integrante di un sano stile di vita a tutte le età.

Non è mai troppo tardi per cominciare a muoversi. Non c’è un livello minimo per avere dei benefici: un po’ di attività è sempre meglio di una vita sedentaria.

Infatti, grandi miglioramenti nello stato di salute sono stati riscontrati quando le persone meno in forma diventano fisicamente attive.

Seppure con ruoli diversi il medico e il farmacista sono gli interlocutori di riferimento sia del paziente fisicamente attivo, che del soggetto sedentario.

In presenza di questo tipo di paziente il farmacista dovrebbe sponsorizzare la scelta di una corretta alimentazione e l’invito a un corretto carico di attività fisica. È importante sottolineare come per ogni soggetto ci sia sempre una tipologia di lavoro motorio adatto alle proprie esigenze.

Questi due aspetti contribuiscono alla riduzione di quei fattori di rischio modificabili (insieme al fumo e l’abuso di alcol) che spesso sono causa di svariate patologie croniche. Inoltre, è importante che il farmacista ricordi che, tanto quanto il farmaco, anche l’attività fisica risulta essere un coadiuvante fondamentale nel ripristinare un accettabile grado di salute e nell’ impedire un peggioramento repentino delle citate situazioni cliniche.


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Articolo tratto dalla lezione del corso ECM Professione Farmacia
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