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L’insonnia e le nuove frontiere terapeutiche

Insonnia: un problema di salute pubblica

L’insonnia rappresenta un importante problema di salute pubblica, che colpisce ampie fasce della popolazione e milioni di persone al mondo.

Soprattutto quando diventa cronica, porta a importanti conseguenze sulla qualità della qualità della vita con aumento dell’assenteismo lavorativo, disabilità ed elevati costi sanitari.

L’insonnia è più frequentemente riscontrata tra le donne nelle quali il rapporto di rischio è di 1,41 volte più alto rispetto agli uomini, tra gli adulti di mezza età e anziani, tra i lavoratori a turni e i pazienti con disturbi medici e psichiatrici in comorbidità.

Infatti, sono state riportate forti associazioni tra insonnia e scarsa salute mentale e fisica, distress psicologico, sintomi ansiosi e depressivi.

Secondo la Classificazione Internazionale dei Disturbi del Sonno dell’American Academy of Sleep Medicine, l’insonnia è definita come

la presenza ricorrente di difficoltà nell’addormentarsi, nel mantenere il sonno, nel consolidare il sonno stesso o nel garantire una qualità soddisfacente del riposo, nonostante il tempo e l’opportunità per dormire siano sufficienti, e tutto questo si ripercuote poi sulla compromissione della normale attività durante le ore diurne.

Viene considerato a breve termine se i sintomi si presentano tre o più volte a settimana e persistono per meno di 3 mesi e cronico se persistono per 3 mesi o più.

Cenni di fisiologia del sonno

Secondo l’ipotesi dell’omeostasi sinaptica di Tononi e Cirelli del 2014, il sonno è il prezzo che il cervello paga per la plasticità, processo alla base dell’apprendimento.

Durante la veglia, il processo di apprendimento richiede il rafforzamento delle connessioni in tutto il cervello. Questo processo aumenta il fabbisogno cellulare di energia e nutrienti, riduce i rapporti segnale-rumore e satura l’apprendimento.

Durante il sonno, l’attività spontanea cerebrale ristabilisce la normale funzionalità sinaptica e ripristina l’omeostasi cellulare.

Questa ristabilizzazione dell’omeostasi neuronale e della funzionalità sinaptica potrebbe anche spiegare i benefici del sonno sull’acquisizione, consolidamento e integrazione della memoria.

Nei mammiferi, il sonno fisiologico è composto da due stadi distinti che si alternano durante la notte in modo ciclico:

  • sonno a movimenti oculari rapidi (REM)
  • sonno non-REM (NREM)

Il sonno REM si verifica in brevi periodi, caratterizzati da una diminuzione del tono muscolare e associati a un’attivazione simpatica profonda, inclusi aumento della frequenza cardiaca e della respirazione, pressione sanguigna e temperatura.

I periodi di sonno NREM sono invece più lunghi e associati a un’attivazione parasimpatica, caratterizzata da bassa pressione sanguigna, bassa frequenza cardiaca e temperatura ridotta.

Negli adulti, circa il 75-80% del tempo di sonno totale è trascorso nello stadio NREM, mentre il restante 20-25% avviene nel sonno REM. Durante una notte, soggetti adulti solitamente sperimentano quattro o cinque cicli di sonno NREM-REM.

È interessante notare che i neonati trascorrono più tempo nel sonno REM. Il tempo trascorso nel sonno NREM aumenta progressivamente negli anni a spese del REM.

I disturbi nella durata e nell’architettura del sonno sono spesso associati a problemi nello svolgimento delle attività quotidiane del giorno successivo. Se non trattati, possono essere strettamente collegati a numerose malattie neurologiche, psichiatriche ma anche fisiche.

Neuromodulatori coinvolti nella regolazione del ciclo sonno/veglia

La serotonina, la noradrenalina, l’istamina, l’acetilcolina, la dopamina, il glutammato e il GABA sono tra i principali neurotrasmettitori coinvolti nella regolazione del ciclo sonno/veglia.

La conoscenza di come questi neurotrasmettitori promuovano stati di veglia e/o sonno è di fondamentale importanza per comprendere gli effetti dei diversi farmaci sulla veglia e sul sonno, sia dal punto di vista terapeutico sia degli effetti collaterali.

Il ciclo sonno-veglia è un sistema finemente regolato che è guidato da due processi:

  • il processo omeostatico (che regola la quantità di sonno e quindi più tempo si rimane svegli, più forte diventa il desiderio di dormire)
  • Il processo circadiano (che regola il momento del sonno ossia facilita il ciclo ritmico del sonno approssimativamente nelle stesse ore della notte, ed è rafforzato dall’input luminoso alla retina durante il giorno e dal rilascio di melatonina dalla ghiandola pineale durante le ore buie della notte).

L’interazione tra i due processi determina quando le persone dormono e quando sono sveglie.

Un importante passo avanti dal punto di vista scientifico nella comprensione dei complessi meccanismi che regolano il ritmo sonno/veglia lo si è avuto nel 1998 con la scoperta da parte di due gruppi di ricerca indipendenti di due neuropeptidi.

Mentre un gruppo ha scelto il nome orexina-A e orexina-B dal greco “orexis”, che significa appetito, l’altro gruppo ha chiamato questi neuropeptidi ipocretina-1 e ipocretina-2 perché sono stati scoperti nell’ipotalamo.

Va ricordato che i neuroni produttori di orexine sono localizzati esclusivamente nell’ipotalamo laterale e poco dopo la loro scoperta, si è trovato che la narcolessia è proprio causata dalla perdita selettiva di questi neuroni.

Per mantenerci svegli, questi neuropeptidi stimolano altri neuroni a rilasciare neurotrasmettitori che favoriscono l’attenzione e la veglia, come la dopamina, la serotonina e la noradrenalina.

Dalla farmacologia alla terapia cognitivo-comportamentale

Tradizionalmente, l’insonnia è stata trattata con barbiturici, benzodiazepine, e farmaci della classe dei cosiddetti composti Z (come zolpidem, zaleplon, zopiclone e loro varianti) che agiscono tutti sullo stesso bersaglio farmacologico, il recettore GABA-A, ma su differenti subunità recettoriali.

Gli antagonisti dei recettori dell’istamina, o farmaci che agiscono sul sistema della melatonina, vengono anche utilizzati o sono in fase di studio. Infine, vengono anche utilizzati off-label antidepressivi, antipsicotici e antagonisti dei recettori della serotonina, ed estratti vegetali (valeriana).

Sulla base di un’attenta analisi delle evidenze scientifiche disponibili, è stato nuovamente raccomandato che la terapia cognitivo-comportamentale per l’insonnia (CBT-I) dovrebbe essere utilizzata come trattamento di prima linea per l’insonnia, con o senza comorbilità.

La versione aggiornata delle nuove linee guida suggeriscono che la CBT-I può essere somministrata sia faccia a faccia che digitalmente.

In alcuni paesi europei, la CBT-I digitale è diventata “prescrivibile” come spesa sanitaria generale.

Si spera che l’approccio digitale per somministrare la CBT-I contribuirà decisamente a una maggiore disponibilità e diffusione della CBT-I all’interno dei sistemi sanitari europei e anche in Italia.

Purtroppo, nella pratica, questo trattamento non è sempre disponibile o desiderato dai pazienti, e non tutti ne traggono beneficio.

L’aderenza alle attività della terapia cognitivo-comportamentale per l’insonnia si basa su un’intatta autodisciplina e motivazione, che spesso non è possibile o semplicemente troppo impegnativa per i pazienti. Inoltre, occorre del tempo affinché questa terapia mostri la sua efficacia.

Ruolo promettente degli antagonisti della orexina

Ad oggi, l’unico nuovo campo di ricerca attivo e di successo nel campo degli ipnotici riguarda le orexine. Si tratta di importanti modulatori del ciclo sonno-veglia, in particolare della veglia.

Le nuove conoscenze sul ruolo delle orexine nel promuovere la veglia hanno portato anche a nuove opportunità farmacologiche per il trattamento dei disturbi del sonno.

Infatti, se le orexine legandosi ai suoi recettori stimolano la veglia, un antagonista del recettore dell’orexina potrebbe promuovere il sonno poiché si andrebbe ad inibire i processi che stimolano la veglia.

In commercio e in fase di sperimentazione clinica abbiamo principalmente i cosiddetti DORA, ossia gli antagonisti duali dei recettori delle orexine.

Il suvorexant è stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti nel 2014. Il lemborexant ha ricevuto l’approvazione regolatoria nel 2019, e il daridorexant è stato approvato nel 2022.

Nel 2022, il Daridorexant è stato approvato anche in Italia. Ad oggi è l’unico DORA approvato nel nostro paese e viene venduto come farmaco di classe C.

Evoluzione nel trattamento farmacologico dell’insonnia: sfide e prospettive future

Per quanto riguarda il trattamento farmacologico dell’insonnia, benzodiazepine, composti Z e antidepressivi sedativi sono raccomandati per l’uso a breve termine (fino a quattro settimane).

Antistaminici, antipsicotici e sostanze fitoterapiche, sono sconsigliate a causa della mancanza di evidenze o dei potenziali effetti avversi.

Anche la melatonina, in generale, non è raccomandata per il trattamento dell’insonnia. Le evidenze scientifiche sono deboli, sebbene un effetto positivo sull’induzione del sonno sia dimostrato.

Un cambiamento importante riguardo ai trattamenti farmacologici dell’insonnia riguarda l’introduzione recente sul mercato europeo di daridorexant, un nuovo antagonista del recettore delle orexine.

In generale, gli antagonisti del recettore delle orexine possono essere utilizzati per periodi fino a 3 mesi. In casi individuali, il trattamento può essere esteso (fino a 1 anno) dopo aver discusso con il paziente i vantaggi e gli svantaggi riportati nello studio di 1 anno.

Sarà necessario però vedere, come già detto, se l’esperienza clinica accumulata nei prossimi anni supporterà questa pratica, e soprattutto, se gli eventi avversi potrebbero superare i benefici clinici di questo farmaco.

Insonnia e ruolo del Farmacista

Il Farmacista è il primo punto di riferimento per chi soffre d’insonnia, offre consigli pratici e supporta il paziente.

In particolare può aiutare i pazienti a riconoscere i sintomi dell’insonnia e a distinguere tra le diverse tipologie, suggerisce strategie comportamentali e fornisce informazioni sui fattori che possono contribuire all’insonnia, come stile di vita, abitudini alimentari, stress e uso di farmaci.

Il Farmacista è in grado inoltre di identificare potenziali interazioni tra farmaci prescritti per l’insonnia e altri medicinali assunti dal paziente, evitando effetti collaterali indesiderati.


Articolo tratto dalla lezione del Percorso Formativo Professione Farmacia del Prof. Stefano Comai “I nuovi trattamenti per l’insonnia”

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